Sanremo nel 2026


Immobilità polverosa e cambiamento evolutivo

Domenica 30 novembre sono stati annunciati i big in gara a Sanremo e molte sono state le sorprese e le constatazioni amare dei fan. In questi stessi giorni, il Messaggero ha pubblicato una lista, di non sicura attribuzione, su chi invece ha provato a partecipare alla kermesse sentendosi rifiutato. La Niñà, elencata tra questi artisti, ha dovuto smentire con delle storie su instagram in cui ha dichiarato :

IL MODO IN CUI OGGI SANREMO METTE IN SCENA LA MUSICA APPARTIENE A UN ALTRO PAESAGGIO:
UN GRANDE DISPOSITIVO CHE DECIDE DOVE PUNTARE LA LUCE E DOVE TOGLIERLA,
SECONDO LOGICHE CHE HANNO POCO A CHE FARE CON LA CURA, ASCOLTO E RICERCA
DICHIARAZIONE DI LA NIÑÀ RACCOLTA DALL’AUTORE DA UNA INSTAGRAM STORY PUBBLICATA l ‘01/12/25
L’artista napoletana non ha solo voluto chiarire come non abbia mai proposto una canzone per la competizione, ma come l’universo Sanremo stesso sia lontano dalla sua sensibilità. Nell’ultimo anno La Niña si è fatta sentire nella scena del cantautorato italiano con il suo ultimo album, Furèsta, dove la componente folk ha eclissato le sue precedenti tendenze elettroniche e quasi tribali. Torna a un puro canto corale in napoletano che correda perfettamente il personaggio che si è costruito in questi anni, tra Frida Khalo e Rosa Balistreri. Ma il discorso di cui parla Carola Moccia (La Niñà) è ancora attuale? Chi è della nostra generazione ricorda bene i tempi in cui Sanremo era un programma della stessa portata di Tale e Quale Show, intrattenimento musicale per gente di mezza età, ma sappiamo bene come il 2020 è stato l’anno 0 con Amadeus che ha cambiato tutto. Sicuramente la conduzione meno ingessata, più improntata alla gag e alla spontaneità ha aiutato (così come l’influenza dei social), ma anche la sua direzione artistica ha cambiato le carte in tavola. Quell’anno Rancore ha partecipato a Sanremo con Eden, prodotta da Dardust, segnando l’ingresso dei rapper nella kermesse. O meglio, l’ingresso della canzone rap a Sanremo, dato che già Nesli e Neffa avevano partecipato con delle canzoni pop, tuttavia sia lui che gli altri rapper che si sono succeduti, hanno scelto i pezzi più melodici per partecipare, con ritornelli accattivanti e poco rischiosi. Avremmo voluto vedere Rancore portare sul palco ligure canzoni come Underman o Sunshine, ma non l’ha fatto. Anche Madame, i Coma Cose, Tony Effe, Ghemon, per citarne alcuni, hanno scelto dal loro repertorio musicale le loro canzoni più sanremesi. Tuttavia la loro partecipazione ha coinciso con una svolta della propria carriera musicale: ad esempio il duo, ormai scioltosi, dei Coma Cose dalle Fiamme negli occhi ha eliminato completamente la sua verve rap e alternative che ha contraddistinto un album apprezzatissimo come Hype Aura. La domanda nasce spontanea: se ciò che richiede la competizione italiana era così distante dalla loro produzione musicale precedente, perché hanno partecipato rischiando di snaturarsi? In realtà sono arrivati a Sanremo in un momento turning point della loro carriera musicale, in cui hanno scelto di rompere con il passato e diventare altro (o di evolversi). Ghemon, che il rap lo sa ancora fare - come ci ha dimostrato nel nuovo album di DJ Schocca - dal successo di Sanremo ha voluto ampliare la sua traiettoria artistica provandoci con la stand up e partorendo uno degli album più interessanti della scena europea, Una cosetta così, in cui musica e pezzi comici si uniscono in un connubio radiofonico che ci fa tornare indietro nel tempo ai pezzi registrati di Lenny Bruce, ma che mantiene coesione di temi e di ambientazioni tra musica e routine. Nonostante l’entrata di Geolier, J-Ax, Guè, nelle ultimissime edizioni, possiamo davvero dire che il rap, per come questi artisti ce l’hanno sempre raccontato, è arrivato a Sanremo? Ne sono arrivate altre versioni e gli artisti sono cambiati di conseguenza. Amadeus, pur avendo svecchiato (e di molto) la lista dei BIG, non ha avuto il potere di cambiare la natura di Sanremo. Il festival della canzone italiana, per antonomasia, dovrebbe proporre il meglio che la musica ha da offrire al proprio popolo, per questo i direttori artistici che si sono succeduti in questi anni hanno scelto i cantanti e musicisti che si sono aperti a una prospettiva più universale e meno personale. Questo non significa necessariamente sacrificare l’originalità, ma dare la possibilità agli artisti di crescere musicalmente aprendosi ad altri generi ed altre tematiche. La Niña ha sicuramente ragione quando dice che l’attenzione è estemporanea e motivata da agenti esterni alla musica come fama, fandom e potere mediatico, ma è innegabile il potere evolutivo di Sanremo nella carriera di un’artista, nel bene e nel male. Così arriviamo a parlare di ciò che stiamo sottintendendo dall’inizio: nayt. Nessuna sorpresa sulla sua partecipazione, ma pareri contrastanti da parte dei suoi fan: si dividono tra chi teme che l’artista possa snaturarsi e chi non vede l’ora che diffonda la sua cultura. Restucci ha già parlato della sua evoluzione nell’articolo Tra l’artista e il pubblico ci sta sempre un malinteso nel precedente numero di Fuori Tempo, e mi pare congruo come la sua trasformazione che l’ha portato sempre più alla ribalta possa coincidere con una canzone sanremese. La sua maturazione artistica, ancora in atto, l’ha portato a cambiare il suo modo di fare live e cambierà il suo modo di essere artista, nonostante il mondo da cui viene, il rap, sia tradizionalista e poco predisposto al cambiamento. Carlo Conti ha anche annunciato la partecipazione di Sayf, una vera stella il cui stato di esordiente è durato poco. Il fratello di un amico me l’aveva fatto ascoltare l’anno scorso: non capivo il suo stile privo di rime. Però il giorno dopo gli ho chiesto che canzone fosse e da allora l’ho compreso. Un altro elemento che non vuole stare nelle regole strette di un genere, che cerca di scoprirsi attraverso il suo stile blues e disincantato, sempre attento al flow e al primo ascolto poco alle parole, ma Buon Esempio ci ha dimostrato che sa dire molto restando leggero. Le sue esibizioni mi hanno sempre lasciato di stucco per l’originalità e speriamo mantenga questa promessa fatta con il suo pubblico anche sul palco dell’Ariston. Il direttore artistico del 2026 e del 2025 sicuramente non ha premiato l’originalità nelle edizioni che ha curato, la nostra speranza è che con l’entrata di questi artisti abbia accolto le critiche che gli sono state mosse, cercando di ridare valore a un premio che deve puntare a rappresentare la musica italiana odierna. Ripeto: non è Sanremo il problema. Ditonellapiaga, nell’era Amadeus, aveva già partecipato con Donatella Rettore con un brano che la rappresentava interamente: Chimica. Ammiccante, divertente, come lo è la cantante romana. E anche se non ho portato brani frizzanti come Repito o Morphina, la perdoniamo perché ha capito il suo nuovo pubblico e si è adattata. Sicuramente questi artisti che tanto amiamo dovranno trovare un compromesso, perché, ahimè, non siamo l’unica generazione che guarda Sanremo, ma il pregio sarà nell’evitare di snaturarsi. Dato l’anniversario di Casa Gospel imminente, siamo curiosissimi di Mara Sattei, sperando che anche lei non si lasci convincere a essere solo lirica e poco di pancia per adattarsi ai gusti dei nonni. Diede già prova del suo talento durante l’edizione di Sanremo 2023, con il brano Duemilaminuti. Fulminacci e J-AX sembrano aver già trovato la loro quadra che gli ha permesso di portare il loro stile edulcorato - anche se questa volta J-AX parteciperà da solo e la mancanza di DJ Jad potrebbe portare via la componente funk che ci era tanto mancata. Più di tutti vogliamo ascoltare Dargen D’Amico che, con le sue precedenti partecipazioni, ci ha dimostrato come capisca il potenziale di un palco come l’Ariston, perciò alla musica unisce questioni più serie, e di questo gliene siamo grate. E poi ancora: Tommaso Paradiso, Chiello, Leo Gassman, un cast che sembra andare particolarmente incontro ai giovani. Personalmente non vedo l’ora di ascoltare Tredici Pietro, il quale dovrà combattere contro il giudizio di chi lo vede sul palco dell’Ariston solo grazie al suo cognome: una stigmate che per molti suoi coetanei è già sparita da un pezzo. Samurai Jay, LDA & Aka 7even, Levante fino ad arrivare ad Eddie Brock, che abbiamo conosciuto quest’anno, durante i nostri scrolli incessanti su Tiktok, come dimostrazione che la dedizione viene ripagata. Sanremo aveva rappresentato l’immobilità polverosa della musica italiana, ma adesso rappresenta il trampolino per l’evoluzione di un’artista, indipendentemente dal suo genere di partenza.
02.12.25 Chiara Calcara, Alessia Restucci